Di seguito il documento redatto il 29 aprile 2020 da Domenico Totaro, con il contributo e l’approvazione della Delegazione Area Metropolitana Sicilia Occidentale ed inviato all’amministrazione comunale di Palermo come primo contributo nell’ambito dei lavori dei gruppi in fase di costituzione.

Il Covid-19 ha fermato anche lo sport e con esso tutti i valori della solidarietà, dell’inclusione e dell’amicizia che lo hanno sempre contraddistinto. Il conseguente lockdown ha impedito decine di migliaia di ulteriori vittime e le misure adottate hanno fino ad oggi tenuto in sicurezza le regioni del Centro Sud dove poteva essere catastrofica la concentrazione registrata in altre zone d’Italia. La misura di contenimento più efficace rimane ancora quella del distanziamento sociale e il rispetto di questa condizione ci pone agli antipodi dello sport e dell’associazionismo.
Presso la nostra Delegazione arrivano tante richieste d’informazioni da parte dei dirigenti, dei tecnici e dei collaboratori delle associazioni e società sportive affiliate sul “come” e “sul quando” potranno riprendere le consuete attività sportive e associazionistiche. Ci manteniamo cauti provando a incitarli a “non mollare” nell’attesa che siano compiutamente definiti i criteri che dovranno guidare la progressiva “riapertura”. I tempi non saranno brevi e al “come e quando” ci troviamo costretti anche a considerare per molti il “se”.
In Italia, si contano già 100 mila associazioni dilettantistiche che lamentano una forte crisi provocata dal fatto che 12 milioni di tesserati non praticano più attività sportiva. I centri sportivi sono ormai chiusi da due mesi e le entrate istituzionali, derivanti da quote sociali o di tesseramento, pressoché azzerate non consentono di superare facilmente questo drammatico momento.
Secondo la previsione fornita dalla Confederazione dello Sport, almeno 30 mila associazioni e società sportive dilettantistiche saranno costrette a sciogliersi nei prossimi mesi. Una tendenza che avrà pesanti ripercussioni, da quelle occupazionali a quelle del mercato immobiliare.
Analizzando l’andamento delle attività nelle regioni più coinvolte nell’emergenza, gli sport più colpiti sono stati quelli praticati in centri chiusi e frequentati da molte persone: nelle ultime due settimane fitness, functional training e crossfit hanno registrato un’inflessione media del 35% nel numero di prenotazioni, lo spinning del 42%, il nuoto addirittura del 64%. Hanno subìto un impatto meno pesante gli sport da campo come il padel, calato solo del 7%, o il tennis che sembra aver addirittura guadagnato utenti tra chi preferisce disertare la palestra, con una leggera crescita del 5% (fonte: Business Insider).
E’ evidente l’impatto negativo che l’incertezza di queste settimane sta producendo su tutto il settore, anche nelle zone in cui il livello di emergenza è ancora basso.
Secondo le stime del Coni, lo sport in Italia vale 1,7 per cento del Pil, vale a dire 30 miliardi di euro: un valore che raddoppia a 60 miliardi se si considera anche l’indotto. Nel complesso, sono 20 milioni gli italiani che praticano attività sportive con più o meno impegno rileva l’Istat, mentre i tesserati fra Coni ed enti di promozione sono almeno 12 milioni.
Parallelamente alla chiusura dei tradizionali luoghi dove poter svolgere l’attività motoria e sportiva assistiamo a uno stravolgimento di altri comparti: ad esempio, il commercio online specializzato nel benessere fisico e mentale che prospera in modo esponenziale.
Una ricerca di Aliexpress mostra un boom di acquisti di attrezzature sportive a livello globale. In particolare, le vendite di cyclette nel mese di marzo sul marketplace retail di Alibaba Group sono aumentate del 1.238 per cento rispetto al marzo 2019. Sono aumentate le richieste consumer dei tapis roulant Technogym, ma anche di altri prodotti dell’azienda, come la technogym bike, una cyclette dotata di uno schermo connesso al sistema digitale della società che permette di ricevere classi di spinning tenute da professionisti di tutto il mondo.
Altre grandi realtà hanno la capacità di reinventarsi. Prima del lockdown, l’app Fitprime permetteva ai 270.000 iscritti di allenarsi in più di 1300 centri sportivi in Italia con un unico abbonamento. Con la chiusura di palestre e piscine, il fatturato della società si è azzerato. Così ha lanciato pochi giorni fa Fitprime TV, una sorta di Netflix del fitness, una piattaforma di allenamenti on demand che permette di tenersi in forma direttamente a casa. Una volta effettuato l’accesso al sito, si può scegliere tra diversi corsi, come yoga, pilates, mindfulness, tonificazione e HIIT (High Intensity Interval Training), selezionando i vari filtri disponibili (intensità dell’attività, calorie, ecc.). Se ciò soddisfa un’esigenza legata al momento particolare, rischia tuttavia di abituare le persone a un tipo di attività comunque rischiosa perché priva del fondamentale intervento di tecnici e istruttori che in presenza controllano il lavoro svolto evitando rischi per la salute.
Lo scenario economico si sta progressivamente adeguando alla nuova realtà e questo scenario vede come unici attori i grandi gruppi e le multinazionali.
Dobbiamo provare a reagire a questo stato di cose nella consapevolezza che adesso non si può aprire com’è indicato dal report del Comitato tecnico-scientifico sul quale il premier Giuseppe Conte e il governo hanno assunto le decisioni per la Fase 2. Se si tornasse alla normalità, il picco dei contagi sarebbe raggiunto l′8 giugno. Numeri mostruosi, se si considera che la previsione dei posti necessari in terapia intensiva per quella data sarebbe superiore ai 151mila, a fronte dei circa 10mila letti di cui il nostro sistema sanitario adesso dispone. Il totale dei contagiati che necessiterebbero cure in reparti intensivi sforerebbe i 430mila entro la fine dell’anno.
Elementi questi che suggeriscono di adottare un approccio a passi progressivi.
E allora?
Nel settore dello sport quali sono le realtà più vulnerabili e colpite?
A nostro avviso, le più penalizzate sono le associazioni e le società sportive di piccole e medie dimensioni che, in misura notevolmente maggiore anche rispetto alle piccole e medie aziende degli altri comparti produttivi, non hanno certamente la capacità di investire capitali e riconvertire la propria attività in tempi rapidi. Sono le associazioni sportive di piccole e medie dimensioni con attività e corsi in ambienti chiusi e che propongono discipline con una più alta pericolosità di contagio. Anzi, con riferimento al alcune di esse, che spesso “impongono il non distanziamento”.
Come poter provare a salvare questa parte di associazionismo sportivo che rappresenta una consistente parte dell’intero comparto sportivo?
Lanciamo una proposta: provando ad abbattere quelli che sono i principali costi fissi, chiediamo di rendere possibile l’utilizzo degli spazi cittadini fruibili alle singole associazioni e realtà sportive nella nostra città. Ci sono, infatti, spazi poco utilizzati o inutilizzati che potrebbero essere condivisi, attraverso un disciplinare d’uso che garantisca agli enti titolari degli spazi un beneficio indiretto. Pensiamo ad esempio a numerosi padiglioni della trascorsa Fiera del Mediterraneo, i Cantieri della Zisa, il Velodromo, l’ex Centro Stampa di viale del Fante solamente per citarne alcuni. E’ sottinteso che ogni spazio prima di essere “assegnato” dovrebbe essere allestito in modo da garantire lo svolgimento in sicurezza secondo le nuove normative delle principali discipline sportive. Non pensiamo sia un’ipotesi avveniristica e considerando la situazione attuale riteniamo sia opportuno, prima di abbandonare l’ipotesi, approfondire l’eventuale fattibilità concreta nella nostra città.
La nostra realtà cittadina è povera di spazi sportivi pubblici, siamo distanti anni luce da altre grandi città, si pensi ad esempio a quella di Torino con un patrimonio impiantistico di oltre 200 strutture (piscine, impianti polifunzionali, palestre, ecc..) utilizzabili da parte di cittadini, associazioni, società, federazioni sportive, ma abbiamo certamente tanti spazi che potrebbero essere utilizzati oltre al patrimonio presente presso le realtà scolastiche cittadine che sia pur contenuto non è certo da sottovalutare.
Di recente è stato presentato, dal Ministro per il Sud e la coesione Territoriale Giuseppe Provenzano, il “Piano Sud 2030 Sviluppo e Coesione per l’Italia”. Concordiamo con quanto affermato dal Ministro “L’Italia sarà quel che il Mezzogiorno sarà”. Invitiamo pertanto a prendere in considerazione tale idea di salvataggio delle numerose piccole e medie realtà dell’associazionismo sportivo, presenti nella nostra città e nel suo hinterland; tale idea può essere fortemente connessa nella nuova politica territoriale e nel progetto di rigenerazione dei contesti urbani come anche nell’azione che vedrà, dall’anno scolastico 2020/2021, le Scuole aperte tutto il giorno, ben indicati nello stesso Piano Sud 2030.
Siamo pertanto disponibili fin d’ora a verificare, all’interno del tavolo Lavoro promosso dall’Amministrazione comunale, tale fattibilità per sottoporre al Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale un’ipotesi di progetto esteso sul territorio della città di Palermo, accogliendo durante il nostro lavoro anche i suggerimenti e le indicazioni delle nostre attuali 130 associazioni e società affiliate.