di Domenico Vincenzo Totaro

In questi giorni , approfittando del tempo a disposizione ed anche per avere un’idea un po’ meno approssimata, ho raccolto qualche dato su l Covid–19 . Ho fatto riferimento in qualche passaggio alla regione Sicilia e ad alcune delle sue province.
Quelli che seguono sono alcuni flash e spunti per eventuali approfondimenti. 1
Li ho divisi in: qualche dato, due azioni in corso, le caratteristiche di uno studio ed una conclusione.

Qualche dato
Li ho raccolti in alcune tavole e grafici, ma andiamo con ordine.
La tavola 1, sull’andamento dei casi positivi, riguarda quattro regioni, tre delle quali (Sicilia, Puglia e Veneto) con una popolazione residente numericamente simile dai 4 ai 5 milioni di abitanti, ed una quarta, la Lombardia dove come sappiamo l’incidenza del fenomeno si è concentrata in misura incresciosa.
Ho considerato per comodità tre date (19, 25 e 31 marzo 2020) che hanno confermato per la Sicilia percentuali dei casi positivi sempre al di sotto del 2% sia in termini assoluti sia rispetto ai residenti.
Sia pur lievemente comunque l’isola, insieme alla Puglia, ha in crementato i rispettivi valori sia sui residenti sia sul totale dei positivi registrati in Italia. Il Veneto ha anch’esso aumentato il suo peso regionale ma questa regione ha già da tempo adottato misure di contenimento e test di gran lunga maggiori rispetto a quelle messe in campo dalle due regioni del Meridione.
Elevatissimo il peso della Lombardia2 che al 31 marzo 2020 concentrava 1/3 dei casi positivi accertati nel nostro Paese, una concentrazione davvero straordinaria arginata con difficoltà da un sistema sanitario regionale posto ai primi posti a livello nazionale.
Sempre al 31 marzo 2020, nell’isola 3 residenti su 10.000 sono positivi contro i 16 del Veneto e i 13 dell’Italia in complesso.
Nella tavola 2 e nel grafico 1 vediamo l’incidenza dei tamponi eseguiti rispetto alla popolazione residente; i valori di Sicilia e Puglia si mantengono molto più contenuti: al 31 marzo 2020, 84 sono stati i tamponi eseguiti su 10.000 residenti in Italia, 35 in Puglia e addirittura 31 in Sicilia. La tavola 3 indica l’incremento percentuale giornaliero dei positivi dal 7 marzo al 6 aprile 2020 in tre regioni: Sicilia, Emilia Romagna e Campania; la decrescita de gli incrementi giornalieri sembra più evidente in Emilia Romagna e più contenuta nelle altre due regioni.
Il grafico 2 considera gli ultimi cinque giorni del periodo ed evidenzia la differen te incidenza del fenomeno nelle due regioni del Sud rispetto all’Emilia Romagna. Nella tavola 4 è contenuto l’incremento giornaliero dei tamponi effettuati: sia in Italia sia in Emilia Romagna si attesta su valori via via più contenuti a differenza di Sicilia e Campania dove gli incrementi si mantengono sostanzialmente inalterati da fine marzo.
In assoluto, comunque, i tamponi di Sicilia e Campania sono solamente 1/3 rispetto a quelli effettuati in Emilia Romagna; il grafico 3 considera il periodo 5 – 10 aprile 2020. 3
Sempre in riferimento ai tamponi, la tavola 5 e i due grafici 4 e 5 ne evidenziano il numero rispetto alla popolazione residente nelle tre regioni (Sicilia, Emilia – Romagna e Campania) e nell’Italia.
Sia al 17 marzo 2020 sia al 7 aprile 2020 troviamo valori molto più contenuti nelle due regioni del Sud rispetto a quelli dell’Italia nel complesso e a maggior ragione dell’Emilia Romagna.
Al 17 marzo 2020, in Sicilia sono 6 i tamponi su ogni 10.000 residenti contro i 3 3 dell’Emilia Romagna ed i 25 del territorio italiano nel complesso, diventano 50 su ogni 10.000 residenti il 7 aprile 2020 a fronte dei 169 dell’Emilia Romagna e dei 125 per l’Italia.
La tavola 6 sintetizza, nel periodo 17 marzo – 10 aprile 2020, l’andamento dei contagiati, rispetto all’incremento giornaliero, in tre provincie siciliane: Messina, Palermo e Catania. L’incremento presenta valori intermittenti con una crescita da fine marzo più contenuta.
Nel periodo, la presenza del virus risulta quindi molto più contenuta in Sicilia rispetto al resto d’Italia ma questo non deve indurci a sottovalutare il fenomeno e la sua gravità, anche considerando la limitata conoscenza e la probabile at tuale sottostima quantitativa del virus sull’intero territorio italiano.
Il virus sembra altamente trasmissibile e molti fattori che lo caratterizzano sono ancora molto incerti. Tra questi: quanti sono i casi non individuati a causa di sintomi lievi/assenti o mancanza di test, se gli asintomatici possono trasmettere i l virus e quanto dura il periodo di incubazione, se dalla guarigione deriva l’ immunità, se il virus è influenzato dalla stagionalità e decrescerà nella stagione estiva.4
Inoltre, anche se ci sono più vittime tra gli anziani, il virus pare contagi maggiormente i giovani.
L’Islanda e la Corea del Sud, ad esempio, hanno testato gran parte della popolazione e le percentuali di contagio, tra cui gli asintomatici riguardano le prime classi di età fino ai 59 anni. A Vò nel Veneto su tutti i 3.300 abitanti, la maggior parte dei casi si è registrata tra i giovani asintomatici.
In Italia i contatti giornalieri degli anziani con i giovani sono molto frequenti e maggiori rispetto a quelli di altri paesi, come la Germania. Inoltre, le persone anziane spesso convivono con più patologie contemporaneamente (ad esempio, ipertensione e diabete) e contrarre l’infezione da nuovo coronavirus può determinare in loro uno squilibrio generale che può por tare a conseguenze più serie che nel resto della popolazione. 5
Quindi i giovani hanno molte più probabilità di essere contagiati ma gli anziani hanno maggiori probabilità di morire. 6   

Due azioni in corso
Somministrare il test a tutta la popolazione di un territorio è molto impegnativo soprattutto in termini di costi, ma già qualcosa di circoscritto in Italia è stato eseguito, come ad esempio a Vò Euganeo.7   Senza considerare come sia fondamentale essere sicuri dell’attendibilità dei test per evitare risultati poco attendibili come quelli registrati in Germania. Comunque, essere positivi al tampone non vuol dire essere malati, anzi la maggioranza dei positivi non si ammalerà e molto probabilmente, quando verrà ripetuto il tampone, si negativizzerà.
Sergio Romagnani, professore emerito di Medicina interna all’Università di Firenze, recentemente osservava che i dati accolti “…dimostrano che la grande maggioranza delle persone che si infetta, tra il 50 e il 75%, è completamente asintomatica, ma rappresenta comunque una formidabile fonte di contagio”.
L’aspetto più interessante però secondo Romagnani, sarebbe che l’isolamento dei contagiati (sintomatici o non sintomatici) non solo ha evitato la diffusione del virus, ma ha anche protetto dall’evoluzione grave della malattia nei soggetti contagiati.
“Il tasso di guarigione nei pazienti infettati, se isolati, era nel 60% dei casi pari a soli 8 giorni” scrive ancora. Dato che secondo il professore, confermerebbe la sua ipotesi per cui e seguire i tamponi ai soli sintomatici è l’opposto di quello che andrebbe fatto. Validato anche dai dati della Corea del Sud, che ha seguito una strategia simile con dati di mortalità molto inferiori a quelli italiani.
Dario Gregori, responsabile dell’Unità di Biostatistica, Epidemiologia e Sanità Pubblica dell’ Università degli Studi di Padova, con il progetto covid19ita, ha elaborato i dati a disposizione per verificare il possibile effetto delle politiche sanitarie implementate in Veneto a contenimento dell’epidemia Covid-19.
I ricercatori in particolare hanno confrontato l’andamento prevedibile in base ai dati al 3 marzo con l’andamento effettivamente riscontrato in Veneto, per capire se parte o tutte delle azioni implementate abbiano avuto un effetto plausibile di rallentamento sull’evolversi dell’epidemia.
Ne è emerso che i casi positivi che si sono evitati in Veneto, al 12 marzo, sono stati circa 348. Inoltre, hanno registrato un rallentamento dell’epidemia rispetto al previsto, con 2,4 giorni “guadagnati” a parità di livelli di casi positivi, con un allentamento dell’epidemia, sempre al 12 marzo, pari a circa 16 casi/giorno, con un picco il 6 marzo di 40 casi/giorno in meno rispetto al previsto. Probabilmente proprio sulla scorta di questi dati, il Veneto ha progressivamente implementato e potenziato le politiche sanitari e in atto in Italia.

Prima azione: Verona
Verona è la prima città in Italia protagonista di uno studio epidemiologico sulla prevalenza nella popolazione di cittadini affetti da Covid-19, ma asintomatici. L’indagine è promossa dall’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar in collaborazione con il Comune scaligero, l’Ulss 9, la Pneumologia dell’Azienda ospedaliera e il Dipartimento di Diagnostica e Sanità pubblica dell’Università di Verona. Si tratta di uno studio rilevante, primo nel suo genere, che partirà nei prossimi giorni e avrà forti ricadute sul la gestione della cosiddetta Fase 2 della pandemia nel comune veronese tra i più colpiti nel Veneto. In pratica, su un campione rappresentativo della popolazione veronese gli studiosi saranno in grado di identificare con un margine di errore dell’1,5% non solo la percentuale di soggetti potenzialmente contagiosi, ma anche le lorocaratteristiche demografiche, sintomatologiche e biologiche. Inoltre, si conoscerà la percentuale dei cittadini che, avendo già sviluppato gli anticorpi della malattia, nel prossimo autunno avranno un bassissimo rischio di riammalarsi, ma anche la fetta di popolazione che non è mai venuta in contatto con il virus.
Questo quanto evidenzia il dottor Carlo Pomari, responsabile della Pneumologia del “Sacro Cuore Don Calabria” e coordinatore del Comitato Scientifico che vede come cosperimentatore il professor Zeno Bisoffi direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali di Negrar. Come evidenziato dallo stesso Carlo Pomari, le informazioni ricavate saranno restituite alla comunità scientifica e ai rappresentanti politici, responsabili della gestione delle misure di controllo e della formulazione di linee guida.
Lo studio avrà forti ricadute perché conoscere le car atteristiche di quella parte di popolazione asintomatica significa gestire di conseguenza la cosiddetta “fase due”. Identificare invece coloro che potrebbero ammalarsi in autunno vuol dire prepararsi al meglio a una possibile recrudescenza del virus e per quanto possibile prevenirlo.
Il progetto, ideato dal biostatistico Massimo Guerriero , vede il coinvolgimento di circa 2.500 cittadini veronesi a partire dai 10 anni, estratti con criterio casuale dall’elenco dell’anagrafe. Invitati con una lettera del sindaco, verranno sottoposti su appuntamento al tampone naso – faringeo e a prelievo di sangue per la ricerca degli anticorpi anti SARS COV – 2, effettuati dal personale specializzato dell’Ospedale di Negrar e dell’ULSS 9, con il rispetto di tutte le norme di sicurezza.
Il risultato del tampone verrà comunicato all’interessato e nel caso di esito positivo verrà attivata la procedura di presa in carico da parte dell’Azienda sanitaria territoriale.
Ancora poco si conosce, sul virus e sulla sua diffusione ma sulla sc ia di quanto progettato a Verona possiamo davvero chiedere sostegno alla statistica.

Seconda azione : il progetto di campionamento a livello nazionale
E’ stata di recente inoltrata al ministro della Salute Roberto Speranza, a Walter Ricciardi, componente italiano del Comitato esecutivo dell’Oms e a Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità una proposta di lavoro.
Gli autori della proposta sono gli statistici Giorgio Alleva e Alberto Zuliani, ex presidenti dell’Istat, insieme ai loro colleghi Giuseppe Arbia, Piero Falorsi e Guido Pellegrini.
Il documento illustra un nuovo possibile metodo di campionamento dei casi positivi al virus, indicando i diversi step necessari, sia temporali, sia spaziali, sia operativi.
Finora, scrivono gli autori, si è svolto un campionamento “ … che ha privilegiato l’esame dei casi che manifestavano sintomi”.
Ma questo “ … non consente di produrre una stima probabilistica non distorta e con un prefissato livello di accuratezza”. In pratica, come sottolineato da diversi esperti, fra cui epidemiologi e virologi, il numero dei contagiati è inevitabilmente sottostimato, dato che non è possibile identificare ogni singolo caso positivo (ci sono a nche gli asintomatici), e il tasso di letalità, che è dato dal rapporto fra decessi e contagiati, è ovviamente più alto di quello reale.
Gli statistici evidenziano l’importanza di un’indagine diversa rispetto a quella attuale per fare luce su elementi collegati allo sviluppo del virus anche nella famiglia e a livello collettivo, per comprendere meglio come evolve l’epidemia.
Per questo, suggeriscono di individuare e studiare due diversi campioni rappresentativi di persone.
Il primo è il cosiddetto target A, che comprende i casi accertati di contagio e i loro contatti. Per esempio, si potrebbero selezionare circa 1.000 persone venute a contatto con positivi confermati (ricoverati o in isolamento a casa) attraverso un campionamento spaziale e temporale somministrando loro il tampone per il Sars – Cov – 2.
Il secondo campione è il target B, costituito da persone non necessariamente positive, dunque asintomatiche che potrebbero rivelarsi positive o negative. Anche in questo caso gli studiosi stimano in circa 1.000 soggetti la numerosità del campione per una data zona territoriale.
Il progetto di ricerca potrebbe anche svilupparsi seguendo i suggerimenti di Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e docente di Igiene all’Università di Pisa . In pratica, Pier Luigi Lopalco specifica che il tampone non è il mezzo ideale per ottenere un campione rappresentativo e la stima desiderata poiché il tampone ci indica soltanto se la persona in quel momento ha il virus nella gola. Tuttavia, se risulta negativa, e dunque non ha il Sars – CoV – 2 in quel momento, potrebbe comunque essere stata positiva ad esempio 10 o 15 giorni prima. Per questo, qualora si decida di eseguire la ricerca sarebbe più efficace studiare, tramite un’analisi del sangue, se la persona ha sviluppato l’ immunità, gli anticorpi specifici di tipo IgG per il Sa rs – CoV – 2 prodotti naturalmente dall’organismo dopo che il virus che ci ha colpiti viene eliminato”. La presenza di questi anticorpi, che rimangono nel sangue per mesi dopo che l’infezione è conclusa, ci potrebbe fornire una fotografia chiara anche del passato. E ci potrebbe indicare se i soggetti abbiamo avuto in precedenza il virus e ora non lo abbiamo più . In questo modo, secondo l’opinione dello st esso Lopalco, si potrebbe ottenere il denominatore comune rappresentativo, ovvero un’idea di quanti sono i contagiati per poi poter calcolare anche la letalità cioè il rapporto fra decessi e contagiati totali.
In ogni caso, come evidenziato da Paolo Surico ed Andrea Galeotti8, in Italia gli organismi di ricerca ufficiali dovrebbero:
1. Testare un campione rappresentativo della popolazione analizzando le caratteristiche socio – economiche, demografiche e geografiche a livello individuale e familiare;
2. Utilizza re l’analisi statistica per investigare sulle caratteristiche individuali che meglio anticipano la diffusione di Covid – 19;
3. Sviluppare strategie di sorveglianza e contenimento basate sulle nuove informazioni raccolte: tracciabilità dei contatti e social d istancing mirata. Occorre adesso determinare le basi logiche dell’analisi campionaria e partire con l’obiettivo di salvare molte vite ed appiattire la curva del contagio che potrebbe avere un nuovo picco nell’autunno 2020. E nel frattempo?

Le caratteristiche di uno studio in corso
Il Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche dell’Università degli Studi di Palermo, attraverso il gruppo di lavoro composto da Andrea Consiglio, Vito M. R. Muggeo, Gianluca Sottile, Vincenzo Giusepp e Genova, Giorgio Bertolazzi e Mariano Porcu, dell’Università di Cagliari, si è messo al lavoro sviluppando un’analisi condotta utilizzando le serie giornaliere del numero complessivo dei contagiati. Come sottolineato dai curatori della ricerca, sebbene ta le numero sottostimi l’ammontare reale degli infetti, la maggior parte degli epidemiologi concorda nel ritenerlo come il dato più affidabile per il monitoraggio dell’epidemia.
Esso, infatti, non è condizionato da valutazioni soggettive, come nel caso del numero dei decessi, la cui validità dipende dalla corretta attribuzione delle cause di morte, la cosiddetta questione “morto COVID-19” o “ per COVID-19″. Per la stima del modello gli autori hanno fatto uso delle serie di dati ufficiali forniti dalla Prot ezione Civile. 9
Gli Autori riferiscono il modello di analisi ad alcuni territori: Sicilia, Sardegna, Puglia, Sud Italia, Lombardia ed I talia evidenziando i tassi di crescita, i tempi di raddoppio ed fattore R_0 10 che sono rappresentati sia graficamente sia tramite tabelle riassuntive.
Oltre l’analisi , gli Autori molto egregiamente, sottolineando le avvertenze ed i limiti delle indicazioni proposte , inseriscono anche uno scenario futuro con la possibile evoluzio ne dell a pandemia .
Tale scenario è sintetizzato in una tabella che riporta una stima dell’intervallo di date in cui si prevede si realizzerà un numero di nuovi contagi relativamente basso.
L’intervallo di date indica il periodo in cui approssimativamente l ‘epidemia si dovrebbe avviare all’ estinzione. Relativamente alla Sicilia , quest o l’intervallo di date in cui si prevede si avrà un numero di nuovi contagi relativamente basso . L’intervallo di date indica il periodo in cui approssimativamente l’epidemia si avvi erà verso la sua estinzione  11      
– dal 17 aprile al 2 maggio 2020: numero medio di nuovi casi giornalieri (contagi): 20
– dal 2 5 aprile al 1 6 maggio_ numero medio di nuovi casi giornalieri (contagi): 10

Conclusione
Il lockdown ha impedito decine di migliaia di ulteriori vittime e l e misure adottate hanno fino ad oggi tenuto in sicurezza le Regioni del centro sud dove poteva essere catastrofico assistere alla concentrazione registrata in alcune regioni del Nord.
Il lockdown non è indolore; in Sicilia , come in tutto il Meridione , queste misure non vanno abbandonate, perché è proprio il Sud d’Italia il territorio socialmente ed economicamente più debole e meno dotato di strutture ed infrastrutture sanitarie.
Il lavoro svolto dal gruppo dell’Università di Palermo è davvero encomiabile ma, come evidenziato dagli stessi Autori, le previsioni hanno un certo grado di indeterminazione e devono essere interpretate con prudenza. Ogni modello di previsione si basa sull’assunzione che le variabili osservate non subiscano variazioni indotte da fattori esterni. Nel nostro caso il mancato rispetto delle misure di distanziamento sociale potrebbe determinare una perdita di accuratezza nelle stime. La non conoscenza degli a sintomatici è il fattore che maggiormente lascia indet erminati i contorni reali del fenomeno.
Studi condotti a livello internazionale stimano che il numero dei positivi reali in Italia sia almeno 10 volte maggiore rispetto al totale rilevato e questo non ci consola di certo.
In pratica, più tamponi si eseguono e più positivi si rilevano ed in Sicilia di tamponi ne abbiamo finora fatti davvero pochi. La validità del tampone è comunque molto limitata nel tempo e la misura di contenimento più efficace rimane quella del distanziamento sociale.
Auguriamoci che la previsione, tracciata dal Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche dell’Università degli Studi di Palermo , si avveri e che i bollettini giornalieri sulla situazione possano addirittura risultare più confortanti delle loro previsioni per poter presto avviarci a ripartire.

1 Ringrazio l’amico Vito Ustica per i suggerimenti e le preziose indicazioni ricevute durante la stesura del testo.
2 Interessante può essere approfondire la stretta correlazione tra la presenza di allevamenti intensivi di bovini e suini nelle zone maggiormente colpite dalla pandemia (tra cui Brescia e Bergamo) e il perenne innalzamento, oltre i valori massimi consenti ti, della percentuale di azoto ed anidride carbonica che ha enormemente accresciuto la virulenza e persistenza nell’aria del virus.
Nel nostro Paese, seguendo le raccomandazioni dell’Oms per quel che riguarda le persone da sottoporre al test, i tamponi v engono effettuati alle persone che presentano una sintomatologia molto grave e da tale comportamento, che divide esperti ed istituzioni, derivano le differenze attuali sui test eseguiti nei territori.
Fonte: McKinsey & Company: Coronavirus COVID – 19: Fa cts and Insight, 9 marzo 2020.
5 Al 2 aprile 2020 il report dell’Istituto Superiore di Sanità pubblica relativamente alle caratteristiche dei pazienti deceduti evidenziava: età media 78 anni, più alta di oltre 15 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione la cui età media è di 62 anni, 68 ,6% uomini e 31,4% donne, il 51,% del totale sono pazienti con 3 o più patologie preesistenti .
 6 Fonte: National Institute for Public Health and the Environment Ministry of Health, Welfare and Sp ort (RIVM, N etherlands); Islandic Directorate of Healt, marzo 2020
Recentemente Tedros Adhanom Ghebreyesus, capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in conferenza stampa, aveva ribadito l’importanza di effettuare il maggior numero di test possibile, “perché non si può fermare la pandemia da Cov id – 19 se non si sa chi viene contagiato e chi no”.
8  L’enigma di Covid – 19, di Paolo Surico e Andrea Galeotti, London Business School.
Il modello statistico e tutti gli aggiornamenti sono consultabili alla pagina https://sites.google.com/community.unipa.it/covid – 19/covistat19
10 R_0 è il tasso netto di riproduzione ed esprime il numero medio di persone contagiate da una singola persona infetta durante il suo periodo di infettività. Per esempio, un R_0 = 2.5 implica che, in media, l’individuo positivo al virus potrà infettare circa 2.5 persone.
11 previsione al 13 aprile 2020.